Ott 302015
 

La giornalista Rachele Campi ha realizzato un bel video sul nuovo ingresso del Corchia, lo pubblichiamo di seguito. Ecco le sue impressioni:

Rimango stupita di come siano fatte internamente le Apuane. Me le sono sempre immaginate come delle montagne “piene”, indistruttibili (se escludiamo la presenza delle numerose cave), invece sono simili a un “formicaio”. Sono un labirinto di forti emozioni. Per esplorarle è necessario essere accompagnati da persone esperte. Non ci si può improvvisare speleologi. A nessuno piace stare in spazi stretti e vedere che sotto ai piedi ci sono metri e metri di vuoto, ma la speleologia va oltre. La si fa con la testa e con il cuore. Dentro la montagna si impara a controllare le proprie fobie, si conosce veramente il proprio respiro e si va avanti fino a che non si scopre una nuova “saletta” o uno spazio più ampio. Devi essere mentalmente preparato, ma tutto è possibile. Questo è quello che ho imparato dal Gruppo Speleologico Archeologico Versiliese (GSAV) e il Gruppo Speleologico Lucchese (GSL).

 

con Fabry Salini, Alessio Tovani, Cristina Fancello, Diego Piego Pieruccioni, Davide Martellini, Nadia Simonetti, Antonio Di Beo e Ange Michelangelo Angeloni.

Ott 092015
 

 

Sabato 12 Settembre 2015 il Gruppo Speleologico Lucchese GSL ed il Gruppo Speleologico Archeologico Versiliese GSAV, entrambi del CAI, hanno trovato un nuovo ingresso al Sistema Carsico del Monte Corchia, che arriva così ad avere ben 20 ingressi naturali conosciuti.

 

Il quotidiano Il Tirreno ha ripreso e diffuso la notizia della scoperta del Ventesimo Ingresso. Ecco qui il link all’articolo.

La pagina del Tirreno con la notizia del nuovo ingresso.

La pagina del Tirreno con la notizia del nuovo ingresso.

Nel precedente articolo su questo blog il racconto e le impressioni degli scopritori.

 

Set 202015
 

Dastellastella sabato 12 settembre il Sistema Carsico del Monte Corchia ha guadagnato due stelle!

Ebbene sì, è arrivato a quota venti ingressi. E vi pare poco?

Tutto nasce dall’idea di cercare una via più rapida per raggiungere una zona ormai lontana del Meandruneo, dove noi del GSL, assieme agli amici del GSAV e del TNT, stiamo esplorando da un paio di stagioni. Durante le esplorazioni dell’ingresso Mario Lazzarini nell’estate 2012 avevamo già individuato un buco non molto distante sulla cresta ovest, ma a

P1020649cui non avevamo dato troppa attenzione, finché dai rilievi non è risultato che in pianta si trova esattamente sopra la zona più remota delle nostre esplorazioni. Un saltino da fare in disarrampicata, una saletta già vista da chissà quanti speleo, uno scivolo terroso di una decina di metri frutto dello scavo di tre anni fa, fino a una saletta che sembrava chiudere in frana. Animati dalla speranza di avere accesso diretto ai piani bassi, abbiamo riaperto il cantiere. Dopo diverse uscite di scavo, incoraggiate dall’abbondante aria fredda che “sapeva di Corchia”, siamo riusciti a superare tre strettoie in frana tra salette di crollo via via poco più grandi. Finalmente ci siamo trovati sulla sommità di un ambiente più ampio, un meandro alto che abbiamo percorso in discesa, con vari sfondamenti sul pavimento. Non abbiamo fatto molta strada quando abbiamo notato i primi segni di passaggio sulla roccia. Se in un primo momento eravamo titubanti, ogni dubbio ce lo ha tolto un fix con una placchetta e maglia rapida contrassegnata da nastro giallo, ecco la prova che qualcuno prima di noi è stato qui passando da un’altra parte, la prova che siamo entrati inP1020652 Corchia! Non avendo corde non abbiamo potuto scendere il pozzo appoggiato di fronte a noi per proseguire nel meandro. Non abbiamo riconosciuto la zona e abbiamo iniziato a fare ipotesi su dove potevamo essere finiti, una qualche parte della via Fani probabilmente? Risalendo abbiamo notato la scritta “GSP”, ormai sbiadita, sulla parete della saletta all’uscita dell’ultima strettoia da noi aperta e passata con troppo entusiasmo per notarla in quel primo momento. Quello il traguardo dei vecchi esploratori che arrivavano dal basso e che si trovavano di fronte una frana sospesa impossibile da superare da sotto. Così abbiamo capito, e le telefonate fatte appena usciti ce lo hanno confermato, di essere nella parte più lontana di via Fani, quella più alta e vicina all’esterno, dove i Piemontesi (GSP) alla fine degli anni ’70, e i Lunensi pochi mesi fa (placchetta col nastro giallo), hanno cercato un’uscita.

Con l’entusiasmo alle stelle siamo usciti velocissimi per dare la notizia. Accompagnati da mille progetti in mente: proseguire l’esplorazione, fare il rilievo, fare foto, organizzare nuove traversate. Insomma…”continua”!

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All’uscita

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Una giornata così non poteva che finire con un brindisi al Vallechiara, dove la Piera ci ha aspettato pur a tarda ora, come sempre, per rifocillarci.

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Festeggiamenti dalla Piera

Set 142015
 

Il Gruppo Speleologico Lucchese organizza una escursione speleologica guidata (Speleogita) alla Tana che Urla il prossimo 20 Settembre, Domenica.

spgita_sett15La Speleogita è un’occasione per avvicinarsi all’affascinante mondo della Speleologia, una disciplina complessa che racchiude in sé molti aspetti diversi: quello sportivo, quello scientifico, l’emozione della scoperta e dell’ignoto, il piacere di praticare un’attività di gruppo appassionante e divertente e, senza dubbio, un modo diverso di vivere la montagna.

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Non sono richieste particolari abilita’ o capacita’ ma solo la voglia di fare un’esperienza nuova, di stare in gruppo e di divertirsi.

Per informazioni ed iscrizioni:

Programma:

  • Ritrovo alle ore 8.30 al parcheggio dietro la piazza di Ponte a Moriano (di seguito la mappa)
  • Trasferimento con mezzi propri. Pranzo al sacco.
  • Rientro in serata (chi vuole può fermarsi a cena col GSL, basta segnalarlo al momento dell’iscrizione)

La quota di partecipazione è 10 Euro per i soci GSL/CAI e i bambini sotto i 12 anni, 15 Euro per tutti gli altri e comprende la copertura assicurativa.

Il GSL fornirà agli iscritti tutto il materiale “tecnico” necessario (caschetti, luce, eventuali attrezzature). Si consiglia un abbigliamento pesante e “da battaglia” (ci si infanga!), ai piedi scarponi da trekking o stivali, alle mani guanti da giardinaggio. Indispensabile un ricambio completo per il ritorno.

Apr 252015
 
Federico, Nadia, Antonio e Marco al Campo Base

Federico, Nadia, Antonio e Marco al Campo Base

Chi fa speleologia in Apuane non può non aver sentito parlare della mitica giunzione Antro del Corchia- Abisso Fighiera che, negli anni ’80, fece diventare il monte Corchia  la sede del complesso carsico più grande d’Italia. Come in una caccia al tesoro, la giunzione fu il coronamento di una lunga ricerca che iniziò nella seconda metà degli anni ’70 e vide al lavoro tanti speleologi di tanti gruppi diversi. Furono i Piemontesi a fare la giunzione. Ma i Fiorentini fecero un’impresa davvero eccezionale: quasi 700 metri di risalite, passate alla storia grazie alle minuziose cronache dei protagonisti.

Anche i Lucchesi cercarono di risalire dal basso verso il Fighiera e, pur non riuscendo nella congiunzione, ebbero il loro premio. Ma questa è un’altra storia che qualcuno un giorno racconterà…

Le cronache dei Fiorentini sono delle letture appassionanti per chi pratica la speleologia. Molti le hanno lette, e, nel leggere, hanno fantasticato sui luoghi descritti e sui nomi… la forra di Tuchulcha, la galleria dell’Iris, la Fangaia, la galleria Roversi, il Ramo dell’Odissea, la Valle dell’Eden… posti ormai storici, ma poco frequentati vista la notevole distanza dall’ingresso.

Anche noi, che frequentiamo abitualmente il Corchia, siamo stati affascinati da quei racconti. Grande il desiderio di visitare quelle regioni remote: da tempo ne parlavamo, tenendo nel cassetto il progetto di farci un giro. L’occasione giusta si presenta il  week end del 25 e 26 Aprile.

Alle 12 di sabato mattina, in quattro,  siamo all’ingresso del Serpente. Il programma è di fare un’uscita tranquilla: raggiungere il campo base dei Fiorentini, dormire e poi, domenica mattina, tornare indietro. Nessuno di noi è mai stato ai rami dei Fiorentini, al massimo qualcuno è arrivato poco oltre la Saletta del Pipistrello. Abbiamo con noi il rilievo, ma forse non ne abbiamo bisogno, le letture delle cronache sono impresse nelle nostre memorie. Entriamo.

La Fangaia, porta dei Rami dei Fiorentini

Il Pozzo della Fangaia, porta dei Rami dei Fiorentini

Dall’ingresso del Serpente, superata una stretta buca da lettere di 5 metri in discesa, si arriva, seguendo la frattura, alla sommità del pozzo Empoli, di circa 30 metri. Sceso il quale, si segue la galleria turistica si arriva al bivio per il Ramo del Fiume, dove si abbandona la passerella d’acciaio. Si prosegue nei massi, un saltino sempre armato e, dopo un po’, si arriva in una grande sala dal fondo sabbioso che immette sul fiume Vianello. Si segue il corso del fiume in risalita, stando in alto sulla sinistra. Dopo poco, un traverso con corda fissa dà accesso alla base del pozzo della Fangaia, dove iniziano i Rami dei Fiorentini.

All’inizio è routine, la “buca da lettere”, l’Empoli e le passerelle del turistico li abbiamo percorsi decine di volte. Questa volta è diverso, però. Mentre i nostri passi rimbombano sui gradini d’acciaio, ci sovviene che negli anni ’70 le passerelle non c’erano ed era tutto “grotta”, senza sconti. Ce lo ricordano le corde fisse, ormai in disuso, agganciate alle pareti. La “grotta”, per noi, inizia quando scavalchiamo la passerella ed andiamo verso il fiume. Una zona di crollo, un saltino (armato) poi una breve galleria che immette nella sala che, quando c’è la piena, si trasforma in un vero e proprio lago. Risaliamo il fiume stando alti ed in breve siamo al traverso che ci porta alla base del pozzo della Fangaia: 50 metri da risalire in un ambiente enorme e maestoso, reso ancora più imponente dal fragore della cascata che scende a fianco. Una corda appoggiata sulla parete di fronte ci invita a varcare la porta dei Rami dei Fiorentini, il nostro viaggio inizia qui.

Saletta del Pipistrello

Saletta del Pipistrello

Risalita la Fangaia, percorso un tratto quasi orizzontale assicurati ad una corda, si arriva, dopo un saltino in discesa, nella bellissima Galleria dell’Iris, una condotta attiva che si percorre molto facilmente. Sulla sinistra si incontra uno spiazzo sabbioso, poi, in corrispondenza di una decisa curva a destra, una cascata. La curiosità è la presenza di grandi cengie di conglomerato molto sottili, che possono essere percorse senza particolari problemi. In fondo alla galleria, una corda che penzola nel vuoto ci introduce al Pozzo delle Pisoliti, un 30 nel vuoto. Risalito questo e passato un traverso, un saltino in discesa conduce ad un arrivo d’acqua. E’ la Forra di Tuchulcha.

Bellissima la galleria dell’Iris, quando ci passiamo non possiamo non notare i giochi d’acqua, le cascate, le nicchie sabbiose, una in particolare ospitava il “Fort Fighiera”; non c’è che un anonimo cumulo di sabbia ormai, ma a noi sembra di vederlo, il fortino che i Romani di passaggio in quei rami ancora in esplorazione fecero in omaggio ai Fiorentini nel lontano ’80. Bello il pozzo delle Pisoliti, dove si affaccia la Galleria Quadrata. La partenza del pozzo è a pendolo: dopo qualche metro ci si trova sospesi nel vuoto, sempre accompagnati dal fragore della cascata. Terminata la salita ci ritroviamo sul traverso: sono passate un paio d’ore da  quando siamo entrati ed ora viene il bello, entriamo nel vivo della forra. Ci ricompattiamo poco dopo aver arrampicato il tratto inziale.

La forra prima della Galleria Roversi

La forra prima della Galleria Roversi

La forra di Tuchulcha, si presenta, all’inizio, come un facile percorso tra le rocce che accolgono il torrente. Si deve cercare  di salire il più possibile fino ad un traverso che porta ad una grossa colata calcitica superata la quale si vede una corda: è il pozzo della Colata. Risalito questo c’è la parte più impegnativa della forra: la si percorre sfruttando i numerosi appoggi presenti sulle pareti e facendo un po’ di opposizione con le mani. Ad un certo punto la corda di sicura scompare e la forra si allarga. E’ il momento di abbandonarla ed arrampicarsi sulla sinistra fino a raggiungere un cunicolo che immette in una saletta ricca di concrezioni e di colonne. Siamo giunti alla Saletta del Pipistrello, un piccolo nodo da cui si dipartono diversi percorsi. In alto, dietro un masso, si nasconde l’angusto passaggio che ci dà la certezza di essere sulla buona strada.

Dopo aver superato il Pozzo della Colata, percorriamo la forra facendo attenzione agli appoggi e cercando di stressare il meno possibile la corda di sicura, che non è sempre in perfette condizioni. La progressione non è delle più semplici ma non presenta neanche difficoltà insormontabili. Mentre andiamo avanti pensiamo ai primi esploratori che percorrevano la forra senza corde di sicura per evitare il “pirataggio” dei Rami da  parte di gruppi rivali. Noi ci arrangiamo come possiamo, fino ad arrivare in un punto dove è davvero impossibile andare avanti. Dopo un po’ di incertezza individuiamo la via: occorre salire sulla sinistra verso la saletta del Pipistrello, un bellissimo ambiente molto concrezionato. Ci fermiamo e facciamo qualche foto, il posto è veramente stupendo. Per questa volta non andremo a riguardare i vari rametti che si dipartono dalla saletta, ci dirigiamo direttamente verso la prosecuzione, in alto. Qualcuno di noi, per passare, deve togliersi qualcosa di dosso. Passiamo i sacchi e finiamo in un altro ambiente, un’altra forra, più grande della prima. Visto che è passata l’ora di pranzo ci fermiamo a mangiare qualcosa su un comodo spiazzo sabbioso che, in una delle uscite precedenti, avevamo usato per dormire.

Dopo la Saletta del Pipistrello si apre la grande e bellissima Galleria Roversi. All’inizio si presenta come un ambiente di crollo e per qualche metro occorre procedere accovacciati. Subito dopo, pero’, si apre una bella forra, poi, dopo una secca curva a destra in corrispondenza di un incrocio tra due faglie, una grande galleria obliqua, percorribile facilmente. Si segue la galleria fino ad un apparente bivio, con enormi scritte sulle pareti. Bisogna prendere a destra, dove l’ennesimo tratto in forra conduce alla base di un saltino. Oltre c’è una saletta dalle pareti fangose ed una corda. E’ il pozzo del Tetto.

Nadia al Pozzo del Tetto

Nadia al Pozzo del Tetto

Presto ripartiamo, da qui la strada è nuova per tutti. Iniziamo a percorrere la galleria Roversi camminando sui massi, poi in opposizione tra le lame che si stagliano dalle pareti. Poi, la galleria diventa comoda, tanto che si potrebbe percorrere in motorino! Siamo tranquilli, tutto torna con le descrizioni che abbiamo letto. Ma la sorpresa è in agguato: ci troviamo in un punto che sembra un bivio con due rami. Una grande scritta arancione “Olonnese Volante” di fronte a noi. Sulla parete di destra un simbolo a cerchi concentrici che non riusciamo  a decifrare. La logica ci direbbe di andare a destra ma una scritta, sulla parete sinistra, indica: “Black and White – Fighiera”. Non ci torna e siamo perplessi. Per la prima volta da quando siamo entrati tiriamo fuori il rilievo per controllare ma non sono segnati bivi nel punto in cui siamo. Proviamo ad affacciarci a sinistra, dove c’è un pozzetto da risalire sotto un forte stillicidio. Saliamo per qualche metro. Ma sembra stringere, ci pare strano che la strada sia questa. Allora due di noi decidono di controllare il ramo a destra: c’è l’ennesima forra da percorrere in spaccata. C’è anche una corda di sicura, ma viste le condizioni meglio non usarla per la progressione. Oltre la forra un saltino, lo risaliamo. Troviamo una saletta ed una corda. Ci ricordiamo di un particolare delle descrizioni: “il pozzo del Tetto si apre in una saletta dalle pareti fangose”. Guardiamo le pareti: “Sono coperte di fango! Ci siamo, siamo al Pozzo del Tetto!”. Andiamo a chiamare gli altri che ci raggiungono coi sacchi e procediamo. Siamo di nuovo in marcia!

Il Pozzo del Tetto, di 17 m, parte con un pendolo alla base. Dopo qualche frazionamento si arriva alla cima dove occorre scavalcare una lama aiutandosi con una corda fissa di sicura. Poi, un saltino in discesa immette in un’altra saletta: quella del Pozzo dell’Omo, da 13 m. A questo punto, usando la corda che è in loco, si arrampica un meandro in salita. Dopo pochi metri c’è un grosso masso proprio in corrispondenza di un bivio. La prosecuzione normale è a sinistra. Continuando dritti, invece, si finisce nel Ramo del Sole.

 Rinfrancati dal fatto di aver ritrovato la via, superiamo velocemente il pozzo del Tetto, il saltino in discesa, il traverso seguente ed infine il Pozzo dell’Omo. Ci ritroviamo nel meandro di sopra, dietro un grosso masso. Siamo sicuri di essere al bivio per il Ramo del Sole: diamo un’occhiata al rilievo che ce lo conferma. Ormai siamo nel vivo del nostro percorso. La curiosità di vedere gli ambienti successivi è grande, ci rimettiamo in cammino.

Al bivio del Ramo del Sole occorre girare a sinistra. La via è indicata da una serie di lame concrezionate sul soffitto, per questo la galleria fossile che si percorre si chiama Galleria di Damocle. Al termine, in una saletta, inizia l’ennesimo pozzetto (pozzo del Meandro, di 10 m). Continuando a salire per saltini e pozzetti si finisce al Pozzo dei Tre Spit, che mette fine alle corde, almeno per un po’. Dopo il Pozzo dei Tre Spit ha inizio la Galleria in Salita, facilmente riconoscibile perché grande ed, appunto in salita.

La Galleria in Salita

La Galleria in Salita

Non abbiamo dubbi, ormai la via è certa. Al bivio del Ramo del Sole c’è un po’ d’acqua, poi il meandro è fossile fino al un primo pozzetto, ovviamente da risalire. Un’occhiata veloce agli armi, che non sono proprio in ottimo stato, un piccolo saggio e poi via, saliamo (sempre con prudenza, visto lo stato dei materiali). Ad  un certo punto un frazionamento un po’ esposto, poi si vede l’attacco del pozzo poi… finite le corde! Siamo alla Galleria in Salita, un bell’ambiente grande facilmente arrampicabile. Facciamo il punto della situazione, poi ci disponiamo nella galleria per tentare qualche foto. Continuamo. La galleria sale e sale. All’inizio avanziamo tra i massi, poi in un ambiente concrezionato, dove facciamo altre foto. Ormai dovremmo essere vicini… o no?

La galleria in salita finisce dietro un masso. Al di  là di questo, un pozzo: è il Pozzo della Traversata. Superato questo un altro breve meando conduce in una saletta sabbiosa parzialmente allagata a causa del forte stillicidio, la Sala delle Cattedrali. A sinistra, una corda invita all’ultima fatica: dopo una quindicina di metri di risalita, sulla sinistra, in quello che era una volta il letto di un fiume, il Campo Base.

 

La Galleria in Salita (seconda parte)

La Galleria in Salita (seconda parte)

La nostra è solo curiosità, non siamo ansiosi di arrivare, ci sono troppe cose da vedere. La sala del Pozzo della Traversata ad esempio, è molto bella, con la corda che ci invita a fare l’ennesimo pendolo per salire. Di sopra un terrazzino ci costringe a qualche manovra di equilibrio, ma passiamo velocemente ed arrivamo alla Sala delle Cattedrali. Individuiamo subito lo spiazzo sabbioso dove, le cronache ci dicono, c’erano delle strane formazioni di fango e sassi che davano l’idea, appunto, di tante cattedrali. Ora non ci sono più, furono distrutte al tempo delle esplorazioni da qualche speleologo poco rispettoso. Ne approfittiamo per prendere l’acqua, non sappiamo se al Campo Base avremo la possibilità di farlo. Risaliamo l’ennesima corda e finalmente scorgiamo il Campo Base che si trova in realtà in un canale dal fondo sabbioso, protetto da un lato dalla parete, dall’altro dal materiale di riporto (ormai conglomerato) dell’antico fiume.

Tenda improvvisata ma venuta bene

Tenda improvvisata al Campo Base

Siamo arrivati, ce la siamo presa comoda, infatti sono le 9 di sera ed abbiamo sulle spalle circa 9 ore di grotta. Mentre familiarizziamo con il Campo Base e guardiamo le scritte sulle pareti (pensavamo ce ne fossero molte di più, invece solo un paio di sigle GSF), ci organizziamo per la cena e per la notte. Decidiamo di usare la corda che abbiamo come infrastruttura per una tenda improvvisata, faremo le pareti con sacchetti di nylon. Il montaggio della tenda ci porta via un’ora buona, poi, finalmente, ci sediamo per la cena. Siamo tutti contenti, abbiamo visitato davvero dei bei posti. Ora non ci aspetta che il meritato riposo e domani sarà tutto in discesa, nel vero senso della parola.