Antro del Corchia – Rami del Giglio – 6 maggio 2012
La prima grotta non si scorda mai… giuro che non lo farò!
Appuntamento alle 8.00 alla sede del Gruppo, questa volta non mi presento con il tacco 12 ma vestita adeguatamente per passare una giornata in grotta.
Tutti più o meno puntuali partiamo per la nuova avventura.
Tinè e soci belli freschi...
Arriviamo all’entrata turistica e come sempre la pioggia non ci molla, fortunatamente si procede con la vestizione sotto i gazebo allestiti e scaglionati partiamo, ognuno con il proprio istruttore, verso l’entrata della grotta. L’ordine è già stato prestabilito dagli istruttori… sono l’ultima, che fortunella.
Io e S.Marco [da Genzano di Lucania, ndr] ci incamminiamo; dopo 10 minuti di salita inizio a rantolare e sudare, cerco di capire quanto è ancora lungo il sentiero, mi rivolgo con occhi sgranati al mio protettore dicendo: “non dobbiamo mica arrivare lassù in cima????” Lui farfuglia qualcosa che non capisco o che non voglio capire. Mi rimetto in cammino. Finalmente arriviamo ad una fessura, che a parer mio, non poteva essere un ingresso!!!! Marco si trasforma in Enrico la talpa (mitico personaggio di lupo Alberto) e sparisce…. ok mi ci devo infilare.
Enrico la Talpa
Entro in questo cunicolo, cerco di non sporcarmi tutta di fango per i primi 3 secondi, poi mi rassegno all’idea e striscio fino a lui infangandomi totalmente, nemmeno fossi andata dall’estetista a fare i fanghi anticellulite. Provo a lamentarmi, ma vengo zittita subito: “Questo non è uno sport per signorine”1. Come dargli torto? Affrontiamo la prima discesina, l’adrenalina è sempre con me… oddio come si monta il discensore??? Vuoto assoluto! Marco con tanta pazienza mi rinfresca le idee. Scendo. Mi guardo intorno. Ma non è come me la immaginavo!!!! Ambienti molto grandi, mi sentivo una formichina in mezzo a quei massi giganteschi, l’aria era fresca, il mio fiato produceva delle nuvolette, nemmeno fossimo a temperature sotto lo zero. Che emozione. Abbiamo camminato a lungo passando per gallerie, strettoie, passerelle turistiche in alcuni tratti più semplici, e davanti a tutti gli ostacoli trovati inizialmente mi sono sempre fermata, ma il sant’uomo mi ripeteva “che niente è come sembra”, mi spiegava dove arrampicarmi, dove fare leva, come spostare il peso ed andavamo avanti. Senza problemi. Che pazienza. Arriviamo a fare conoscenza del mio grande amico, il “Pozzo Suzanne”.
Il Suzanne, notare la cascata messa lì apposta per i corsisti (cit. Zoran)
Mi affaccio e vedo una parete liscia e verticale che va giù, ma il mio occhio non va oltre il buio… “Marco ho veramente paura!” Seguo alla lettera tutte le manovre che mi vengono suggerite. Prima cosa mi metto in sicurezza, monto il discensore sgancio la longe… ok, ora sono appesa come un salame all’imbraco. “Marco posso scendere con la mezza chiave? Mi sento più sicura”, “Provaci, ma non riuscirai a scendere” Ovviamente era vero. Sfaccio la chiave ed inizio a calarmi. Cerco di scorgere il fondo, ma continuo a vedere solo la parete liscia, la corda il buio e Marco sempre accanto a me, attento ad ogni mia mossa. Ecco un frazionamento. Sotto l’acqua mi rimetto in sicurezza, rimonto il discensore e continuo a scendere. Arrivo in fondo finalmente!!! E’ quando metti i piedi a terra che guardi con orgoglio quello che hai fatto. 22Mt per uno speleologo non sono niente, ma per una fietta lucchese alla sua prima grotta, vi assicuro che sono tantissimi.
Guardo in alto e penso che al ritorno dovrò fare tutto in salita… no, non ci voglio pensare.
Camminando camminando arriviamo in un salone dove tutto il gruppo ed il thè caldo ci stanno aspettando. Come scalda il calore umano!
Il laghetto del Giglio
Ripartiamo subito per i rami del Giglio, meraviglia delle meraviglie. Passiamo da una galleria ascendente larga e bassa, dal soffitto pendono stalattiti, il pavimento è fatto da una colata stalagmitica, dai lati ci sono delle colonne. Tutte le fatiche fatte si dimenticano in un attimo immersi in quel paesaggio. Alla fine della galleria troviamo un laghetto. Come poter esprimere la bellezza e l’atmosfera di quel luogo? Un laghetto incontaminato, dal soffitto sporgono stalattiti che sembrano voler raggiungere lo specchio d’acqua verde. In un momento mi sono trovata cristallina come le sue acque, libera, senza pensieri, assorta in una poesia che non aveva parole.
Si rompe l’incantesimo per una foto goliardica di gruppo. Ci sta sempre bene.
Torniamo indietro, e lo so… mi aspetta Suzanne!!!!
Aspettiamo almeno due ore, o almeno credo ai piedi del mio amico, i miei compagni stavano risalendo. Freddo, avevo un freddo che morivo, anche il piumino tirato fuori dalla sacca non mi faceva un granché, la tuta e gli indumenti a pelle erano fradici, non poteva fare miracoli. Ero stanca ed angosciata per paura di non farcela a risalire. “France di qui ci dobbiamo uscire, ed è inutile che tu ti angosci, ce la fai benissimo” mi rassicurava Marco. Questo è stato il momento più duro di tutta la giornata. Io, l’iron lady, che non ha mai ansie, molto sicura di sé nella vita, che affronta tutto di petto, in crisi mistica! Dio come mi facevo rabbia! Piangermi così addosso no!!! Eppure???
Foto di gruppo con Giglio e speleologo orizzontale
Saliamo con tutta la calma di questo mondo e soprattutto la pazienza e la sicurezza che mi trasmetteva Marco. Avevo l’imbraco allentato e troppo basso, facevo una fatica sovrumana, non avevo la posizione giusta per risalire. Mi sembrava che il mio croll non funzionasse bene [eppure era nuovo, ndr], ero tesa, molto tesa, ma in cima ci sono arrivata in qualche modo. E sono volata via verso l’uscita. Mentre raggiungevo i miei compagni e la superficie terrestre ero stanca, bagnata, infreddolita, ma una grande sfida l’avevo vinta e non da sola come tendo a fare di solito, ma con l’aiuto di una persona accanto che mi incoraggiava, e sapete… fa soddisfazione in ugual maniera! Che mi serva di lezione.
Fuori era buio… erano quasi le 22, non ci credevo. In grotta stacchi da tutto, non hai nemmeno la cognizione del tempo, è come se quello che riguarda il “mondo superficiale” rimanesse lì, ad aspettarti, finché non fai capolino dalla fessura da cui sei entrato. Marco ha ragione, la speleologia è soprattutto un viaggio all’interno di te stesso, hai un contatto diretto con il tuo inconscio, con il lato cavernicolo e radicato delle parti più profonde di te stesso.
A questo punto sono proprio curiosa di cosa mi riservi questo cammino speleologico interno alla terra ed a me stessa.
Nonostante la stanchezza, la giornata finisce con un allegra cena dalla mitica Piera. Viaggio non pervenuto… dormivo come un sasso!!!
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1. Forse il sant’uomo disse: “Non siamo mica qui a pettinare le bambole…”
Le foto di questo articolo e del precedente sono in gran parte di Zoran. Grazie, Zoran. Bravo, Zoran!