Corso bagnato, corso fortunato…? Cercherò di raccontare con parole mie la personale scoperta del mondo sotterraneo attraverso il XXV Corso di Introduzione alla Speleologia del GSL, svoltosi in un maggio pazzerello e parecchio piovoso (esclusivamente durante i fine settimana, s’intende).
Spero che quanto segue possa far sorridere chi era presente ma soprattutto incuriosire ed invogliare potenziali futuri corsisti.
Palestra a Rocca Soraggio – 28 e 29 aprile 2012
La prima uscita del corso, ovvero la due giorni di Rocca Soraggio, è una specie di prova generale prima dell’ingresso in grotta vero e proprio (le speleogite valgono sì e no), ed è anche con buona probabilità la sola attività in ambito speleologico che si svolga alla luce del giorno.
Lo scopo ufficiale dell’uscita è quello di apprendere i fondamenti della progressione su corda, tecnica essenziale in grotta, sfruttando una parete di roccia sperduta in una piccola valle a fondo chiuso semi-disabitata. I miei compari corsisti potranno però testimoniare che scopi altrettanto importanti sono quelli di superare il terrore nero della sospensione nel vuoto, fare gruppo, far festa e soprattutto in generale calarsi nell’atmosfera goliardica del GSL.
Sabato il tempo è stato clemente, permettendoci di inaugurare il corso sotto il sole: introduzione teorica, familiarizzazione con l’attrezzatura, vestizione e via alla parete! Per non traumatizzarci troppo, la prima calata s’è fatta su una parete secondaria inclinata a 45º che comunque ha generato una certa tensione iniziale. I primi passi li muovi con la lentezza di un bradipo, calcoli con delirante precisione matematica ogni singolo spostamento, ti aggrappi con mani e piedi alla roccia nel disperato tentativo di contrastare ogni ragionevole legge della fisica, scaricare tutto il peso sulla corda ti costa fatica psicologica, poi monti il discensore con mani tremanti e… ti cali! Ma come, tutto qui? Non era poi così drammatico come sembrava!
Con rinnovato coraggio ci si lancia verso la prova vera, la parete verticale. Croll, maniglia, pedale, c’è chi scambia inavvertitamente il cappuccio della felpa per un degno sostituto del caschetto (…!), vai di pompate e sali, sali, sali… ma quanto caspita è alta questa parete?! Al primo frazionamento ti volti e la vista sulle Apuane che si stagliano sullo sfondo ti toglie il respiro… in tutti i sensi, visto che è proprio in quel momento che ti rendi conto che la tua vita è letteralmente appesa ad una corda! Pian piano acquisisci una vaga confidenza con la nuova situazione e cominci a goderti l’ebbrezza del vuoto sotto i piedi, facendo ciao-ciao con la manina verso i compagni che si rimpiccioliscono sempre di più laggiù in fondo alla parete. I tempi delle prime salite/discese sono biblici ma gli istruttori dimostrano di avere una santa pazienza. Quest’anno siamo ben 12 corsisti, un numero particolarmente alto da gestire, mi dicono. Nonostante questo non si verificano particolari intoppi e il clima è subito allegro e di affiatamento.
A fine giornata, fieri delle nostre prodezze, marciamo verso la “casa” di Rocca ognugno facendo un rapido inventario dei lividi e delle escoriazioni sparsi sulle proprie braccia e gambe. Eh si, perchè quando l’adrenalina cala ti rendi conto di aver sbatacchiato contro la roccia tutto il tempo, procurandoti tanti bei ricordini che ti accompagneranno fino all’uscita successiva, e oltre. Per non parlare dei muscoli doloranti (che nemmeno sapevi di avere!) che ti danno il buongiorno al risveglio del mattino successivo… ma ora non divaghiamo.
La festa ci attende!!! Colgo l’occasione per ringraziare, con un modesto ritardo, tutti gli organizzatori ed i cuochi, perché sfamare una tribù di corsisti ed istruttori sfiniti ed affamati immagino non debba essere stata impresa da poco. Cibo, vino, musica e ottima compagnia: alle volte basta davvero poco per trascorrere una bellissima serata! Man mano che il vino scorre il ballo si trasforma in pogo, la musica aumenta di volume e non ci si capisce più niente! A furia di ridere non so nemmeno più che ore siano, alla spicciolata la gente si ritira in “casa” o nella tendopoli su al cimitero, gli ultimi irriducibili resistono, poi cala il silenzio nella valle (eccezion fatta per qualche convinto russare), è il riposo dello speleologo.
Domenica, piove! E’ cominciato il trend che ci accompagnerà fino (quasi) in fondo al corso. Che si fa? Si va, non si va? Intrepidi quanto basta, ci incamminiamo nuovamente verso la parete: rovinose scivolate e capitomboli sulla roccia bagnata non mancano, ma nulla ci ferma dal mettere ancora un po’ in pratica gli insegnamenti del giorno precedente, assistiamo pure divertiti ad una dimostrazione di soccorso uomo a uomo dall’aria vagamente equivoca. Poi pero’ quando è troppo è troppo. Bagnaticci ed infreddoliti (almeno, la sottoscritta di sicuro), viene convalidata la mozione del rientro e dopo aver aggredito pane, uova, salame e nutella, non necessariamente nel giusto ordine, ed esserci presi un altro bello scroscio di pioggia, ce ne torniamo a casina, stanchi, felici e carichi per il prossimo capitolo: la grotta.